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ETICA, PSICOLOGIA E FILOSOFIA DEL GIOIELLO

Presentazione della conferenza di Madrid e un saluto a José Arquero Idalgo.

Nella foto Paolo Severi e José Arquero Idalgo

Ci sono persone con le quali ti trovi subito a tuo agio, che ci discuti volentieri fino a notte fonda e dici, mannaggia, peccato che lui abita a Madrid e io a Pavia, che chissà quante belle cose potremmo combinare assieme. Entrambi appassionati di gemmologia, gioielleria, buona cucina, scrittura, ci siamo conosciuti in Israele, entrambi giornalisti ospiti della Borsa dei Diamanti, un po’ di anni fa. Da allora ci siamo incontrati in qualche fiera di gioielleria e convegno di gemmologia, e ogni volta a dire che avremmo dovuto combinare qualcosa assieme. Alla fine ci siamo decisi, e mi ha invitato a partecipare come relatore a un convegno internazionale di gemmologia che lui, José Arquero Idalgo, stava organizzando a Madrid.

Accetto, e preparo la mia relazione. So di essere un po’ un eretico nel mio settore, a un convegno in Italia un tale mi ha strappato il microfono di mano urlando “questo è un convegno di gemmologia e non di ecologia”, e in pochi avevano fischiato contro quell’imbecille. Recentemente, su RAI 3, la storia si è ripetuta e, in quella squallida trasmissione di nome “Brontolo”, non mi hanno lasciato parlare perché non mi adeguavo al loro stupido copione. Per non correre rischi, e per non mettere in imbarazzo il mio amico, gli spedisco la relazione, pregandolo di correggere la traduzione, sottolineando che quelle sono le mie idee sulla filosofia e sull’etica del gioiello, ma che non voglio mettere in imbarazzo né lui, né gli inserzionisti della sua rivista, per cui avrei preferito una eventuale censura prima, piuttosto che durante il convegno. Gli altri relatori avevano comunicato solo una traccia del loro intervento, così, nel volume di presentazione del convegno, a loro è stata dedicata una pagina a testa, a me tutta la relazione, con foto e quant’altro; una quindicina di pagine. La conferenza è stata un’esperienza entusiasmante. Anziché fermarmi a Madrid lo stretto tempo necessario, mi sono preso una settimana di ferie, Madrid è fantastica e la compagnia di José assolutamente impagabile. Come bozza di intervento per l’anno prossimo, abbiamo ragionato sulla possibilità di tradurre in spagnolo un paio dei miei libri e di presentarli assieme in occasione del convegno del settembre 2012. Torno a Pavia con la valigia piena di programmi e di sorrisi. Dopo una settimana spedisco a José una Mail, e dopo pochi giorni stavo telefonandogli perché temevo non avesse l’avesse ricevuta, ma suona il telefonino e appare il suo nome. Tutto contento lo saluto con gioia, ma mi risponde la sua segretaria, che stava avvisando tutti i gli amici che José era stato appena stroncato da un infarto; quel giorno stesso gli stavano espiantando degli organi e l’indomani lo avrebbero cremato. Ho pianto come un bambino e non ci volevo credere. Ho interrotto la lettura di un libro in spagnolo, non volevo sentire più niente che avesse a che fare con la Spagna. E invece no! José, oltre che un carissimo amico, è stato un grande giornalista di gemmologia, gioielleria e orologeria, per cui è giusto ricordarlo con tutto l’entusiasmo, l’onestà intellettuale e la gioia di vivere che, chiunque abbia avuto il privilegio di conoscerlo, gli ha anche invidiato.
Questa è la mia relazione.
Ciao, José.

Etica, psicologia e filosofia del gioiello

Venticinque mila anni sono poca cosa nella storia del mondo, ma sono un periodo lunghissimo nella storia dell’umanità. Ma cosa dire di un gioiello di venticinque mila anni? Non so a voi, ma a me, l’idea che la gioielleria abbia alle spalle una storia di oltre venticinque mila anni, toglie ogni timore di crisi. E pensate alla mia emozione quando ho visto questa foto: si tratta di un gioiello molto simile a quelli che produco da anni! Dove hanno trovato questo splendido gioiello? Qui, in Spagna, nel sito archeologico di Irikaitz. Una delle mie fissazioni è sempre stata che pietre e gioielli sono un importante passo nella Ricerca del Bello nelle piccole cose. Perché pietre e gioiello sono cose piccole?Beh, anche, certo, ma non solo. Questa ricerca del bello nelle piccole cose, se applicata con rigore, è una rivoluzione che può cambiare completamente la gemmologia e la gioielleria,

e non solo le può cambiare in meglio, ma, chi lo sa, addirittura salvarle dall’estinzione. Ora, se è difficile stabilire cosa sia il “Bello”, è   facile trovarsi d’accordo su cosa sia “Non bello”, e cominciare a eliminare dalla gemmologia e dalla gioielleria tutte le cose non belle. Sincerità e falsità. La falsità ha più fascino della sincerità, altrimenti non si capirebbero i successi di marketing, pubblicità, letteratura fantastica, fiabe, cinema, televisione, oltre che della magia spicciola e delle mille religioni, ma, malgrado ciò, direi che nella bugia, nel falso, non c’è bellezza. Quindi, se la mia gioielleria vuole essere un momento di ricerca del bello nelle piccole cose, niente pietre false, artefatte, abbellite, rifatte, ricomposte, assemblate, niente imitazioni, niente vetri e plastiche, eccetera. Un’altra cosa che in pochi, penso, possono ritenere bella, è la vivisezione, per cui se la mia gioielleria vuole essere un momento di ricerca del bello nelle piccole cose, anche le perle sono da abolire. C’è ancora chi crede che le perle si siano formate su di un granello di sabbia. Inoltre, si parla di perle “coltivate”, quasi fossero dei rapanelli. Parlando di disinformazione, in molti pensano che il ramo di corallo sia effettivamente un ramo, e non l’esoscheletro di certi celenterati, colpevoli solo di troppa bellezza. E qui abbiamo introdotto il concetto di morte, da inquadrare sotto un aspetto etico. Ora, l’uccisione per difesa o per nutrimento fa parte delle leggi di Natura, ma l’uccisione per divertimento o per abbellimento fa parte solo di certi aspetti culturali dell’umanità, dai quali è lecito dissociarsi. Quindi, se la mia gioielleria vuole essere un momento di ricerca del bello nelle piccole cose, niente avorio, corallo, tartaruga, ossa, vertebre, peli, piume, unghie, corna, conchiglie, pelle, pellicce, insomma, niente che preveda l’uccisione dell’animale a puro scopo decorativo. L’avevo detto che “La ricerca del Bello nelle piccole cose” può cambiarti la vita, e siamo solo all’inizio. Parliamo ora di gioielli. Quasi tutti i gioielli di tutte le civiltà di tutti i tempi sono composti di pietre e di metallo, generalmente scelti per la loro durevolezza. I loro significati simbolici devono durare generazioni. Anche oggi, gran parte della gioielleria è composta da oggetti con metallo, generalmente oro, e da pietre, generalmente definite come “preziose”. Perché metallo e pietra, e non solo metallo, oppure non solo pietra? Quali sono le differenze fra metallo e pietra? Il metallo è plastico e rigido allo stesso tempo, racconta la storia, trattiene le pietre, si lega alla persona, è indistruttibile perché sempre rinnovabile, è l’anima “Femminile” del gioiello. La pietra è dura, rigida, inalterabile, conta di Luce e di Grandi Orizzonti, è l’anima “Maschile” del gioiello. Un oggetto è un “Gioiello” solo se ospita armonicamente le due anime, femminile e maschile, altrimenti potrà, al massimo, essere un gradevole oggetto decorativo. Bene. Ci sono le basi psicologiche per giudicare sia i gioielli, sia i loro fruitori. Insomma, dimmi che gioiello indossi, e ti dirò chi sei. Con le chiavi di lettura indicate leggeremo qualcuno dei nostri gioielli, poi, vedremo cosa ci possono comunicare i modelli di anello più abusati. Alla fine, saremo in grado di interpretare qualunque gioiello. Naturalmente, quello che ho proposto è solo uno dei molti approcci possibili.

El anillo del dragón

Il mitico dragone che si mangia la coda e nel frattempo ingoia ed espelle l’Uovo Cosmogonico, fonte e fine di tutte le stelle.

Tutte quelle scaglie che si agitano gioiose, e nella bocca spalancata quella pietra, uno zaffiro o un rubino stellato, un cabochon che gioca con la luce.

Se una pietra sa giocare così bene con la luce, noi, di cosa siamo capaci se impariamo a conoscerla un po’ meglio questa luce? Questa luce che vivifica draghi e pietre, che ci invita a guardare in alto, e allo stesso tempo ci invita a cercare il bello nelle piccole cose, come nelle scintille degli occhi di rubino del drago, o nelle scaglie della sua lunga coda che ci avvolge il dito e l’anima.

L’ANELLO DELLA PACE (DELLO YIN – YANG)

Da più di due millenni, artisti di molte culture diverse hanno proposto gioielli con questo simbolo.  Noi abbiamo usato oro giallo con brillante bianco e oro bianco con brillante giallo.  Il simbolo è dinamico, mutevole, si rincorre, e noi lo abbiamo costruito con due anelli separati che si possono dividere e riabbracciare.  Il loro leggero movimento mentre li indossi rappresenta un continuo abbraccio, pieno di vita, di desiderio di gioco e d’amore.  Senza le pietre sarebbe zoppo.  È un inno alla pace, al legame, all’armonia, alla conoscenza, all’amore.

Ciondolo con sasso e oro di fiumi alpini

Ho preso un sasso di fiume, l’ho forato per sostenerlo con un cordino, e ho scavato una nicchia, che ho poi protetto con un vetro curvo.

Dentro alla nicchia ho racchiuso un pizzico d’oro raccolto lungo lo stesso fiume. In altre parole, ho lavorato plasticamente il sasso, entro il quale ho messo dell’oro raccolto mentre è ancora pietra. Una completa inversione dei simboli! Il maschile ambisce a esprimere la propria femminilità, il femminile la

propria femminilità, il femminile la propria mascolinità. Una completa inversione dei simboli! Inoltre, un forte legame, un vero orgoglio di appartenenza a un territorio. Questo gioiello mi permette di dare una spiegazione che prima avevo evitato. Quando una pietra diventa preziosa? Quando fa vibrare qualche nostra recondita corda in qualche modo tesa dalla nostra cultura e sensibilità, oltre che dal nostro personale “senso del bello”. Così può essere prezioso un rubino birmano, esattamente come può essere prezioso un sasso del Fiume vicino casa, purché ci sia una qualche emozione, una qualche storia che ci faccia vibrare in sintonia. Ma adesso basta parlare bene dei miei gioielli; è ora di parlare male dei gioielli degli altri! Avevo promesso una lettura psicologica dei gioielli tradizionali. Parliamo quindi del più classico degli anelli: il “Solitario”.

Il Solitario

Il metallo serve solo a sostenere la pietra; meno si vede, meglio è. Il metallo è quindi gregario ma, proprio perché così soffocato, conta una storia importante, anche se non edificante. La pietra che domina, che schiaccia, che soffoca. Il maschio che ostenta il proprio potere, con la femmina che subisce. Da notare che l’oro, per sua natura, è giallo, mentre in questi anelli l’oro rinuncia anche al proprio colore per pitturarsi del colore del diamante, per nascondersi e scomparire, per fare brillare solo il diamante. È rarissimo che una donna si comperi un solitario; nella stragrande maggioranza dei casi lo riceve in regalo dal “maschio dominante” che, con quel regalo, sottolinea la propria autorità, il proprio dominio. “Un diamante è per sempre”!

Margherita

Avete presente le famiglie patriarcali dei bei tempi andati? C’era un capo famiglia che era veramente un capo, poi una serie di sottocapi, e le donne in cucina e nei campi. Qui, si ripete questa gerarchia: una pietra centrale, contornata da fedeli luogotenenti che, per l’occasione, sono tutti uguali, mentre al metallo è relegata una funzione meno che gregaria. Talvolta, il vezzo di qualche ricciolo. Vengono in mente gli harem, con le donne recluse, ma alle quali vengono regalati vestiti e gioielli, che non sfoggeranno mai se non in occasioni celebrative di questo potere autoreferente, come matrimoni e altre feste rituali.

Tre pietre

Tre diamanti taglio brillante, allineati in un unico anello. Tre diamanti dello stesso peso figurano di più, e costano di meno, di una singola pietra dello stesso peso. Qui, il ruolo del metallo è completamente diverso. Anche se nell’ombra, il metallo conta una storia piuttosto intrigante. È un anello che molte donne comperano per se stesse, o che insistono per farselo regalare. Il metallo, cioè la femmina, lega tre pietre, cioè tre uomini. E il marito, anche se inconsciamente, pensa che siano il padre, il marito e il figlio. E la moglie lo lascia credere, ma i tre uomini sono uno nei sogni, uno nel letto, e l’altro nell’armadio.

 

Per terminare la mia relazione, torno alla prima foto, quella del pendente paleolitico di Irikaitz. Come interpretare questo splendido gioiello con la chiave psicologica delle due anime, femminile e maschile? Qui il metallo non c’é; a quell’epoca, i metalli non li conoscevano. Eppure l’anima maschile si esprime con la verticalità e la durezza, e l’anima femminile con la trasparenza e il foro. Un’armonia perfetta. La conquista di quel foro è stato il traguardo più importante della storia della gioielleria! Eppure, attraverso quel foro, puoi vedere la storia della civiltà, sia del passato, sia del futuro. Ed è una storia piena di speranza e di bellezza, perché la “Ricerca del Bello nelle piccole cose” ha radici antichissime. La gioielleria è la disciplina artistica che più di tutte deve traghettare nel futuro questa “Ricerca del Bello nelle piccole cose”. Come saluto e augurio, propongo un applauso all’Artista di Irikaitz che più di 25.000 anni fa ha composto questo splendido gioiello.

btt