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GIALLO SCURO

La soluzione di un enigma
Paolo Severi

 

Sono un artista e sono uno scienziato. Uau! Se vi vengono in mente i nomi dei grandi italiani, quelli le cui opere avevano un rigore da paranoia, tranquilli, con loro non centro per niente. Solo che, insomma, certe volte mi capita di volere andare un po’ a fondo di qualche problema, e non lo posso fare da artista. Cercherò quindi, in questa relazione, di fare prevalere lo scienziato, anche se non sarà facile per vari motivi. Voi che mi ascoltate o che mi leggete, siete per lo più degli artisti, in quanto uno scienziato si guarderebbe bene dal leggermi o dall’ascoltarmi, perché cosa vuoi mai che abbia da dire sui colori un artista, specialmente se ne parla, figuriamoci un po’, come scienziato. Il fatto è che ho consultato dozzine di testi, scritti sia da scienziati, sia da artisti, per capire un certo problema sui colori, e non ho avuto soddisfazione. Non si tratta di un problema da poco, intendiamoci, altrimenti non ci avrei perso sopra le notti prima di venirne a capo. Scusate se ora dirò cose arcinote. La “Teoria Tradizionale dei Colori” è una Teoria che, per certuni, è un po’ fuori moda, anzi, ho come l’impressione che ci siano degli strani interessi a nasconderla, a misconoscerla, a sostituirla con altre più o meno, come dire, moderne, specialmente da quando hanno inventato i colori ciano e magenta. Solo che, da alcune migliaia di anni, la Teoria Tradizionale dei Colori ha sempre funzionato, e continuerà a funzionare anche quando e se i colori ciano e magenta andranno fuori moda. Bene. I colori fondamentali (o “Primari”) sono il Rosso, il Giallo e il Blu. Mischiandoli a due a due si ottengono l’Arancione, il Verde e il Viola (colori “complementari” o “secondari”). Se li disponiamo nell’ordine all’interno di un cerchio, otteniamo il “Cerchio Cromatico”, dove i colori si susseguono nello stesso ordine dell’iride, dell’arcobaleno. Se a questi colori ne aggiungo altri sei, formati dall’unione dei colori vicini (colori “terziari”), avremo dodici colori che sfumano gradatamente l’uno nell’altro. Fino a questo punto abbiamo a che fare con tinte, come dire, piatte, per cui cerchiamo di scurirle e di schiarirle. Il nostro cerchio cromatico lo schiariamo tutto verso il centro e lo scuriamo tutto verso la periferia. Più semplice di così non si può. Per fare le cose belle ordinate, ogni spicchio di colore lo dividiamo in undici settori; quello mediano, con il colore di partenza, lo chiamiamo “0”, quelli man mano più scuri “+1”, “+2”, eccetera, quelli più chiari “-1”, “-2”, eccetera. Di una semplicità esagerata. O no? Non è così semplice, anzi, non è semplice per niente. Il Cerchio Cromatico a spicchi e a settori non è una mia invenzione, per cui ho cercato e trovato molti autori che hanno tentato di ordinare i colori in questo stesso semplice modo. Bene, tutti quanti si sono imbattuti negli stessi miei problemi, ma non ho trovato nessuno che a questi problemi abbia dato una spiegazione soddisfacente. Nella generalità dei casi, hanno risolto il problema ignorandolo. Di che problema sto parlando? Il fatto è che tutti i colori si possono schiarire a piacimento, ma non tutti si possono scurire. Il Giallo poi, non lo si può scurire per nulla. Non so se mi sono spiegato bene. Lo ripeto in maiuscolo. IL GIALLO SCURO NON ESISTE! Se lo sapevate già, potete evitare di continuare ad ascoltarmi o leggermi; se la cosa vi incuriosisce, cercherò di illustrarvi la mia spiegazione di questo apparente paradosso. Una premessa: può darsi che altri abbiano dato spiegazioni migliori della mia; in questo caso, ve ne prego, datemi dei riferimenti, perché io non ho trovato proprio nulla. Torniamo al nostro Cerchio Cromatico. Aggiungendo nero al giallo questo rinuncia a restare giallo, e diventa un verdastro militare. Con qualunque sistema si tenti di scurirlo. In certi casi, anziché al verde, tende all’arancio. In altre parole, scurendo il giallo si aggiungono tonalità blu, oppure rosse, oppure entrambe. (Ovviamente quanto detto vale con qualunque sistema si operi con i colori, ivi comprese le nuove scale cromatiche che fanno abbondante uso di ciano e magenta) Ho sempre sostenuto che i colori sono un aspetto “qualitativo” della Manifestazione, per cui rifuggono da troppo rigidi incasellamenti “quantitativi”. Tutti sappiamo che i colori sono innumerevoli, che gli atlanti cromatici sono un timido tentativo per mettere un po’ d’ordine… e adesso salta fuori che gli stessi atlanti cromatici dovrebbero avere delle pagine bianche! Non le hanno, perché per loro il giallo scuro va bene che sia uno spocchignoso verde militare o un arancio marrone brunastro; per me no, quindi bisogna indagare sul nero e sul bianco per capirci qualcosa. Sì, perché i colori li abbiamo schiariti aggiungendo bianco, e scuriti aggiungendo nero, e, sia il bianco, sia il nero, oltre a essere profondamente diversi dagli altri colori, sono pure profondamente diversi fra di loro. Bianco e nero non sono colori. Ai fini pratici possono intendersi come tinte, quando mischio le tempere o i tubetti dei colori a olio, ma qui dobbiamo essere più, come dire, scientifici. Così il bianco è la somma di tutti i colori, e viene anche assimilato con la luce, mentre il nero è l’assenza di ogni colore, e viene assimilato con il buio. Se un foglio di carta lo vedo bianco, significa che la luce viene interamente riflessa, se lo vedo nero  significa che la luce viene interamente assorbita, se lo vedo di un colore specifico, per esempio rosso, vuol dire che quel foglio assorbe tutte le radiazioni cromatiche visibili, a eccezione di quelle che noi percepiamo come rosso. Bene. Parliamo ora di tutti i colori messi assieme, cioè dello “spettro” luminoso. Sappiamo che si tratta di quel ristretto settore di frequenze delle onde elettromagnetiche in grado di eccitare certi sensori dei nostri occhi. Lo spettro più importante, quello cui si fa generalmente riferimento, è quello della luce del nostro Sole. L’“Arcobaleno”. È opinione diffusa che il Sole irraggi tutti i colori possibili, e che i colori siano infiniti. Non è vero niente. Ogni radiazione elettromagnetica emessa dal Sole è portatrice di una certa quantità di energia, per cui, se le frequenze fossero in numero infinito, anche l’energia emessa sarebbe infinita, e tanto basterebbe a incenerire alla velocità della luce tutto l’universo, non solo il sistema solare. Inoltre, abbiamo già visto che certi colori che immaginiamo possibili, come il giallo scuro, nella realtà non esistono. Un tempo il Sole era considerato una divinità, con quindi tutti gli attributi che competono alle divinità, vale a dire l’onnipotenza e l’assenza di limiti. Ora abbiamo altri dei, ma continuiamo ad avere un grande rispetto per il nostro Sole. È logico che scoprire che di limiti ne ha, e di vistosi, addirittura nella distribuzione dei colori, può essere frustrante, tant’è vero che la generalità di chi si è imbattuto in questi problemi ha pensato bene di ignorarli.

 

Cerchio Cromatico a 12 spicchi e 11 gradini

Ricordiamo che la fedeltà cromatica è un’utopia. Ogni monitor, ogni stampante, ogni tipo di carta, offriranno alla vista colori più o meno diversi. In questo Cerchio Cromatico le differenze più vistose fra la teoria e la pratica si riscontrano nell’arancione, ma anche gli altri colori non scherzano! Un trucco potrebbe essere quello di indicare, per ogni colore, la sigla corrispondente in qualche scala cromatica industriale ma,  in questa sede, ciò che conta è il concetto, piuttosto che la fedele riproduzione di una qualche particolare tonalità di colore.

 

Ma procediamo. Parliamo del colore “Giallo”. È il colore centrale dell’iride e, nello spettro dei colori, occupa uno spazio più ridotto degli altri. È così, e basta. Anche se si tratta probabilmente del colore più importante (senza di esso non ci sarebbero né arancio né verde), occupa una ristretta area fra i colori percepiti. Inoltre, anche se può sembrare lapalissiano, è il più distante dagli estremi dello spettro visibile. Vedremo come questo fatto sia determinante. Nel nostro cerchio cromatico a dodici spicchi, i colori sfumano con gradualità uno nell’altro. Se, anziché dodici spicchi, ne adottassimo ventiquattro, il passaggio da uno all’altro sarebbe ancora più dolce. In altre parole, ogni colore ha una spiccata affinità con il suo colore più vicino. Viene da pensare che tale affinità diminuisca con i colori più lontani. “E il viola, allora? Il viola non è composto dall’unione di rosso e blu, che sono i colori primari più estremi nello spettro?” No, le cose non stanno così; sono un po’ più complicate. A scuola per anni hanno insegnato che i colori sono sette, fra cui l’indaco e il violetto, che altro non sono che gradazioni del viola; sul viola c’è sempre stata molta confusione. Ma, a questo punto, devo spiegare un po’ come si comportano le frequenze elettromagnetiche: un oggetto arancione lo vediamo arancione o perché riflette le frequenze tipiche del colore arancione, oppure perché riflette sia le frequenze del giallo, sia quelle del rosso. Nel secondo caso, noi percepiamo come arancione ciò che in realtà è una mescolanza di giallo e rosso; tutto dipende dalla capacità di discriminazione dei nostri occhi. Così è per il viola, con l’aggravante che di viola ce ne sono tre. Uno appare dopo il blu, ha una sua frequenza specifica e lo chiamiamo viola. Uno si intravede prima del rosso, ha una sua frequenza specifica e lo chiamiamo porpora. Uno lo si ottiene mischiando le frequenze del rosso e del blu, non può avere una sua frequenza specifica, ma lo chiameremo ugualmente viola. Parliamo un attimo dei due viola che sfumano nel blu e nel rosso. Essi sconfinano con l’ultravioletto e con l’infrarosso, colori a noi invisibili perciò assimilabili al nero. Ed è fantastico come questi due viola si sposino con eleganza alle profondità del nero, del buio, dell’invisibile. Si capisce perché siano colori amati dai sacerdoti che ricercano il sacro al di là del visibile. Ma non voglio uscire dal seminato; intendo dire che i colori alle estremità dell’iride si annullano con estrema dolcezza nel nero, perché è il colore che più gli sta vicino. Mentre, tornando al giallo, è il colore che gli sta più lontano. Quindi il giallo ha più affinità con la luce e meno con il buio? Purtroppo non è così semplice. Tutti i colori hanno affinità con la luce, nel senso che li puoi schiarire a volontà, senza che essi perdano il loro, per così dire, “timbro”. Resta il fatto che i colori centrali dell’iride hanno meno affinità con il nero di quelli estremi. E c’è una gradualità. Il Giallo, colore centrale, non tollera di essere scurito. I colori che lo affiancano (Arancio- Giallo e Giallo-Verde), per un gradino si riescono a scurire. Seguono i colori Arancio e Verde, che si possono scurire un gradino in più. Passiamo all’Arancio-Rosso e al Verde-Blu, e possiamo salire di un altro gradino. Ancora un gradino per il Rosso e il Blu, dopo di che si può scurire a volontà. In altre parole, i colori nei quali compare ancora una traccia di giallo sono ostili all’inscurimento, per lo meno per la quota di giallo che li accompagna. All’inizio ho detto che i colori sono un aspetto qualitativo della Manifestazione e che quindi rifuggono dall’essere troppo rigidamente incasellati. Abbiamo anche analizzato alcune delle caratteristiche quantitative dei colori, e tutta questa relazione verte sulla sconcertante mancanza di intere famiglie di colori. Ma qual è la vera domanda che sta alla base di tutte queste ricerche? In buona sostanza, a cosa servono i colori? Viene da pensare che se, per la nostra sopravvivenza, fosse necessaria la percezione del colore giallo scuro, i nostri occhi sarebbero attrezzati per distinguerlo. E qui sorge un nuovo dubbio: “È vero che il Giallo Scuro non esiste, oppure siamo noi che non siamo attrezzati per percepirlo?” lascio questo problema in sospeso; non posso mica risolverli tutti io i problemi! Bene, ho finito. Ci tengo però a ringraziare gli scienziati e gli artisti per tutto ciò che hanno fatto e scritto sui colori, e per la loro benevolenza per avermi lasciato uno spazio tutto per me.

Paolo Severi
settembre 2009

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