
Rubino africano di circa tre carati – Rubino di Sri Lanka di ct.4.34. La brillantezza di queste pietre dal colore rosa intenso, è eccezionale.

Viaggio all’interno di un rubino birmano particolarmente limpido.

Lotto di rubini grezzi
Rosso. Quando la luce della stella cessa di abbagliare e il magma si prepara a solidificarsi, il primo colore che appare è il rosso. Anche nell’arcobaleno il primo colore è il rosso. E quando il sole tramonta portandosi appresso tutti i colori, il suo colore è il rosso. Certo, anche il sangue è rosso, e pare non ci sia nulla di più rosso. Rosso. Nei fiori, il papavero e la rosa; nei frutti, l’amarena e l’interno dell’anguria; nelle verdure, il pomodoro e il peperone. Sempre tondeggianti, sempre un po’ a forma di cuore. E, nelle pietre, il rubino. Certo, ci sono granati, zirconi, spinelli, tormaline, crisoberilli, solo per citare le pietre più conosciute, che possono avere un bel colore rosso. Ma il rosso di certi rubini… rende viola o rosa qualunque altra pietra. Purtroppo, i rubini veramente belli, quelli di buona qualità birmana, sono talmente rari che è addirittura difficile vederne qualcuno; sto parlando delle pietre color “sangue di piccione”. Non ho mai sgozzato un piccione per verificare la tonalità cromatica del suo sangue in relazione a quella di altri volatili, ma è bizzarro che si sia scelto proprio un piccione, l’uccello del ramo d’ulivo dell’arca di Noè, emblema della volontà di pace, come dite? Colombi e piccioni sono animali diversi? E diverso deve quindi essere il colore del loro sangue? Va bene.

Raro esempio di cristallo di rubino con abito cristallino (doppia piramide esagonale) perfettamente formato, pur trattandosi di ritrovamento alluvionale.
In India, per designare altrettante tonalità di rosso rubino, hanno un nome legato a ognuno dei loro dei: trecentosessanta centinaia di migliaia. Viene da pensare che forse non esistono sulla terra altrettanti rubini, anzi no, perché quel numero, che ha un particolare valore qualitativo, che significa enorme, al di là dell’ambito umano ordinario, tradotto in cifre più usuali è poi solo trentasei milioni; cifra di tutto rispetto ma meno impressionante. Noi abbiamo il rosso, il carminio, il rosso sangue di piccione, il rosa, il rosa intenso, il rosso-viola, il rosso arancio, e basta. Forse trecentosessanta centinaia di migliaia sono un po’ troppi, ma meno di dieci, sono sicuramente pochini.Come sovente accade per le pietre preziose più belle, anche l’area geografica di estrazione dei più bei rubini del mondo è tormentata da violenze politiche e sociali che vanno addirittura al di là della comprensione degli occidentali.
La tendenza sarebbe di fare gestire dallo stato il commercio dei pochi rubini che si cavano, con aste pubbliche internazionali aperte solo ai più grandi nomi del settore. I visti di ingresso in Birmania permettono di rimanere in quel meraviglioso paese solo pochi giorni, e nelle zone minerarie è impensabile poterci transitare, anche perché i rubini sono un prodotto secondario di queste terre tormentate, soprattutto dedicate alla coltivazione del papavero. Come al solito, sappiamo che la strada compiuta da una pietra per arrivare fino a noi è tortuosa e spesso violenta, ma di questo poco ci importa; anche per queste ragioni le pietre preziose sono preziose, e quando abbiamo a che fare con un bel rubino, con la sua coinvolgente sanguinità, con la forza dei suoi bagliori di fredda fiamma rossa, con il gelido ardore della sua intima brace che fa vibrare qualcosa che non è fuoco, quando si ha a che fare con simili gemme, si rimane semplicemente coinvolti in storie forti.

Rubino grezzo. Notare la struttura a doppia piramide esagonale del cristallo. Attualmente è racchiuso nella roccia madre, ma è sufficente farlo rotolare nel fiume per alcune migliaia di anni, e la roccia diventerà sabbia, mentre il rubino, tremendamente più duro, manterrà quasi intatta la sua forma originaria.
Due amici abbandonarono il loro villaggio per andare in cerca di fortuna, e finalmente trovarono due splendidi rubini. E, come nelle migliori tradizioni, li ingoiarono per non farsi derubare. Ma il loro servo rubò loro le armi, e li tenne prigionieri, in attesa che si liberassero dei rubini. Venne un bandito, che capì che c’era sotto qualcosa, e si dispose a squartare i tre malcapitati. Il servo si fece avanti, e disse al bandito che era inutile squartare tutti: se i suoi padroni avessero dovuto nascondere qualche pietra, la avrebbero fatta ingoiare al loro servo, quindi tanto valeva aprire la pancia solo a lui. Ciò detto, con una lama ben affilata si aprì il ventre, e offrì le viscere al bandito che le esaminò sommariamente, e se ne andò turbato. I due amici tornarono al villaggio ricchi di pietre e di esperienze e di nobiltà. La nobiltà la avevano avuta in eredità da un servo infedele; l’esperienza da un bandito molto violento, ma non abbastanza; la ricchezza se la portavano dentro di sé; ora con le pietre che celavano, prima con la loro determinazione a cercare qualcosa, a cercare la pietra che era nel loro cammino.

Rubino africano di circa 4ct, dal gradevole colore rosso-arancio
Mi sarebbe piaciuto riportare i bei nomi esotici che accompagnavano questa fiaba indiana, che ho sentito raccontare dalle parti di Kajurao tanti anni fa. Altre fiabe parlano di cobra giganteschi con incastonato in fronte un rubino favoloso, e la letteratura dei romanzi d’avventura alla Salgari è piena di templi con idoli che in fronte hanno un rubino che si tenta sempre di rubare, fra mille pericoli e mille maledizioni. C’è qualcosa di vero in tutto ciò. Il rubino, in certa tradizione orientale, rappresenta il “terzo occhio”: l’apertura a dimensioni più ampie delle ordinarie. La classica benedizione che viene data a chi visita il tempio è un punto rosso sulla fronte che, appunto, simboleggia il terzo occhio. Si usa del colore rosso perché sarebbe improbabile potere usare rubini. Ma rubini vengono usati per inghirlandare l’elefante sacro, proprio sopra agli occhi, e per talune divinità, sempre sulla fronte, appena sopra agli occhi.

Splendido rubino birmano di circa tre carati.

Lotto di rubini rosa con taglio nativo
NOTE
Quando il corindone Al2O3, anziché essere assolutamente puro ed incolore, ha delle tracce di ossido di cromo, o di ferro trivalente, si colora di rosso, e si chiama rubino. La qualità birmana deve il suo bel colore all’abbondanza do ossido di cromo, mentre la presenza di ferro trivalente rende più viola o rosa le qualità rinvenute in Thailandia, Sri Lanka, Tanzania. Nuvole di aghi di rutilo, anche se invisibili alla lente, possono dare alla gemma una setosità particolare, un velluto brillante che è indescrivibile a parole, e che è anche raro da vedere.
C’è chi dice che le pietre rosa o viola non è corretto definirle “rubino rosa o rubino viola”, ma bisognerebbe chiamarle “zaffiro rosa o viola”, se non addirittura “corindone rosa o viola”. E’ un problema di parole; dato che in India, che culturalmente è la patria dei rubini, si chiamano “rubini” anche quelli rosa e viola, noi ci adeguiamo. Molte pietre, specialmente siamesi, hanno un colore indefinito fra il rosso, il viola e il rosa; pare che ciò dipenda da una certa instabilità nel reticolo cristallino. E’ sufficiente un trattamento termico a poche centinaia di gradi, e la pietra “decide” che colore assumere. Tali pratiche sono note fin dall’antichità, e si opera generalmente bruciando pula di riso, gusci di noci di cocco e grafite. E’ tutt’altra cosa che il trattamento termico dei “gheuda” (corindone lattiginoso), che prevede temperature vicine al punto di fusione della pietra, impensabili in natura. Oltre ai trattamenti termici, ci sono i procedimenti di “termodiffusione” che, anziché rendere evidente un colore potenzialmente presente nella gemma, letteralmente “pitturano” con una specie di pennello elettronico la superficie della pietra di uno strato micrometrico di ioni particolari. Con tale processo, gemme quasi incolori possono assumere un bel colore blu o rosso. Mai comperare una pietra preziosa importante senza un valido certificato di analisi gemmologica! L’alto valore del rubino ha stimolato la ricerca di succedanei, ed esistono imitazioni artificiali molto ingannevoli. In natura ci sono pietre naturali rosse molto belle, come il granato rodolite (la migliore qualità di Sri Lanka viene addirittura chiamata “Matara Ruby”), lo spinello rosso, la tormalina rossa (rubellite), e molte altre. Se uno vuole una bella pietra rossa, e non si può permettere un rubino, è meglio pensare ad un bel granato o ad una bella tormalina, anziché ad un brutto rubino o, peggio, ad una imitazione. Oggi la Birmania si chiama “Mianmar”, ma è improbabile sentire parlare di rubini mianmaresi; penso che si continueranno a chiamare “birmani” per ancora molto tempo. Ricordiamo che esistono varie zone minerarie in Birmania, e che per “rubino birmano” si intende la migliore qualità proveniente dalle cave di Mogock. Nessun laboratorio di analisi gemmologiche rilascia certificati indicanti anche la provenienza; al massimo indicano la provenienza come “presunta”.

Tavolozza di colori con zaffiri tutti provenienti da Sri Lanka lavorate con sistemi tradizionali e il loro gradevole colore pastello è naturale.
SCHEDA TECNICA
Formula chimica base: Al2O3. Sistema cristallino: trigonale; (doppia piramide esagonale). Indice di rifrazione: 1.760-1.768. Birifrangenza: 0.008. Peso specifico: 3.99-4.00. Durezza: 9. Dicroismo: accentuato, arancio scuro- carminio scuro. Spettroscopio: caratteristico doppietto nel rosso scuro. Asterismo: talvolta presente, sia in pietre limpide, sia in pietre torbide. (Visibile solo con il taglio cabochon) Provenienza: Birmania, Thailandia, Sri Lanka, Tanzania. Imitazioni: E’ fra le pietre che vantano il maggior numero di imitazioni; però fortuna esistono molti laboratori gemmologici ben attrezzati, in grado di sciogliere ogni dubbio. Colore: rosso, in moltissime gradazioni. Il più bello è un rosso intenso, brillante e allo stesso tempo vellutato. Chissà perché, viene chiamato “color sangue di piccione”.

















