Top Menu

12- Sono in curia le spoglie din San Marino

«Lo storico Maiocchi
a fine Ottocento
ha ricostruito
l’intera vicenda»

PAVIA. «Le reliquie di San Marino sono in curia insieme a quelle di San Leone, in attesa di essere ricollocate nella chiesa a lui intitolata in via Siro Comi». A rivelarlo è don Siro Cobianchi, parroco dei Santi Gervasio e Protasio e direttore dell’Ufficio beni culturali ecclesiastici. «La questione se si tratti veramente delle spoglie del santo fondatore della Repubblica del Monte Titano è già stata sviscerata più di un secolo fa – continua don Cobianchi – dallo storico Rodolfo Maiocchi, autore di uno studio sull’Almanacco Sacro Pavese del 1888». A questo punto c’è un motivo in più per riproporre i progetti di recupero e riapertura della chiesa (ce ne sono due, dell’Ufficio tecnico del Comune e dell’ Istituto d’arte Volta), tuttora consacrata.
C’è, in fin dei conti, da restituire una casa a un santo. La leggenda di S. Marino. Tutto comincerebbe nel 257 dopo Cristo. Due cristiani di nome Marino e Leo (o Leone), fratelli provenienti dall’isola di Arbe in Dalmazia, giungono a Rimini attratti dall’opportunità di lavorare come scalpellini. Oltre a questo lavoro, essi si mettono a predicare e convertire la popolazione riminese al cristianesimo. Una donna malvagia accusa Marino di averla insidiata. Il dalmata si rifugia nella foresta del Monte Titano per sfuggire alla persecuzione dell’imperatore Diocleziano. La donna malvagia. La donna, in preda al demonio, lo scova e conferma le accuse. Marino col digiuno e le preghiere ottiene dal cielo la grazia: la donna si ravvede e fa ritorno a Rimini, tessendo le doti di Marino. Questi, con il fratello, si ritira sulla vetta del Monte Titano fondando una piccola comunità. Leo poi lascia Marino e si trasferisce sul Monte Feretrio, attuale Montefeltro. Il terreno del Monte Titano è di proprietà di una donna, Felicissima, il cui figlio Verissimo si reca sul posto per scacciare Marino e i suoi, che si oppongono alla forza con le preghiere. Verissimo resta paralizzato. Felicissima supplica Marino, chiedendo perdono, e il figlio torna alla normalità. La donna allora dona al predicatore il terreno. Per la sua predicazione e le conversioni al cristianesimo, il vescovo di Rimini San Gaudenzio gli conferisce l’ordine del diaconato. Marino muore nel 301. Viene sepolto nella chiesa che egli stesso aveva eretto e dedicata a San Pietro e successivamente viene proclamato santo. Vita Sancti Martini. Questo racconto lo ritroviamo nella “Vita Sancti Marini”, scritto originariamente in latino verosimilmente nella prima metà del decimo secolo. Per quanto pieno di elementi favolistici ed irreali, e anche errori, la leggenda è stata per secoli assunta come concreta spiegazione delle origini dello Stato sanmarinese. «Gli elementi storici e cronologici che la leggenda ci presenta non corrispondono ai dati conosciuti – osserva Alberto Arecchi, in un articolo sul sito dell’Associazione Liutprand – Nel 257 imperatore di Roma non era Diocleziano. Si parla di un assedio di San Marino e di un Demostene re dei Liburni, di cui non si ha conoscenza». La chiesa di Ognissanti. Che c’entra Marino con Pavia? La chiesa di Ognissanti (come all’inizio si chiamava San Marino) viene costruita nel 553. Il re Longobardo Astolfo (Aistolfo all’origine) vi aggiunge un monastero nel 753 e vi colloca sacre reliquie di santi, portate a Pavia in gran numero da Roma, Ravenna e altre città, tanto che papa Paolo I lancia il suo anatema contro Astolfo «empio rapitore di reliquie». Tra le reliquie portate da Astolfo ci sarebbero anche quelle di Marino e di Leone, asportate dai loro sepolcri rispettivamente sul Monte Titano e a Montefeltro. Rodobaldo e Romualdo. La prima fonte storica che accredita questa tesi è il Catalogo Rodobaldino dei Corpi Santi, del 1236, autore il vescovo pavese San Rodobaldo II de’ Cipolla (1230-1256), che riporta una scarna annotazione: «Nella piccola cripta sotto l’altare maggiore della chiesa d’Ognissanti giacciono le spoglie di santi fratelli Marino e Leone». Una seconda fonte accredita la tesi della presenza del corpo di San Marino a Pavia: è il testo “Flavia Papia Sacra” di padre Romualdo, uscito a Pavia nel 1699. I fulmini del papa. Il racconto parte dalla costruzione della chiesa di Ognissanti nel 553 ad opera del re Astolfo, che regna a Pavia dal 749 al 756. Il sovrano longobardo la colloca nel tempio verso il 553. Incurante delle contumelie e dei moniti del papa Paolo I, che emette un diploma per intimare alla corte di Pavia di restituire il santo “maltolto”. Ma nemmeno i successori dei Longobardi, i Franchi restituiscono la reliquia e gli altri corpi santi portati via dall’Urbe. Padre Romualdo conclude che, «per i motivi citati la chiesa di Ognissanti venne dedicata a San Marino, perché vi erano depositate le reliquie sue e di Leone». Dodici secoli, poi l’oblio? La chiesa di San Marino è ancora consacrata ed è stata in funzione dal 755 fino a circa vent’anni fa, per dodici secoli. Negli anni settanta la chiesa, facente parte della parrocchia di San Michele e consacrata anche a Santa Croce, era retta da una congregazione particolarmente devota alla Adorazione del Santissimo Sacramento, per cui rimaneva aperta anche alla sera, in certi giorni della settimana. C’è una cappella dedicata a Sant’Espedito, che fa trovare marito. Ha una madonna particolarmente venerata. Insomma, è un vero peccato che rischi l’oblio. (s. c.)

btt